La crisi degli ultimi anni ha costretto molte imprese ad effettuare tagli a diverse voci del bilancio, ultima ma comunque importante quella dei party aziendali. Se da un lato è vero che almeno a Natale non si rinuncia al tradizionale brindisi augurale fra le scrivanie, dall’altro sempre più imprese nazionali e internazionali hanno dovuto affrontare l’austerity rinunciando alle classiche cene aziendali. Solo una bassa percentuale di piccole e medie imprese afferma di restare fedele ai “Christmas Parties” mentre le grandi aziende decidono di rinviare i festeggiamenti in grande stile a tempi più prosperi.
In tema di party però, dall’estero arrivano notizie contrastanti: negli Stati Uniti, mentre le piccole imprese puntano al risparmio attraverso feste ridotte al minimo con la birra che prende il posto di costosi champagne, i menu ristetti e niente più open-bar, a Wall Street si continua a brindare senza badare troppo a spese, con feste che sfidano ogni forma di austerity spesso però spostate “in-house” per evitare eccessive critiche.
La situazione resta più complessa in casa nostra, dove la maggior parte delle aziende italiane riduce le feste aziendali e taglia le cosiddette spese di rappresentanza, ossia quelle sostenute per feste, ricevimenti o altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali: per il party di Natale ad esempio, il panettone e il brindisi prevarranno sulle cene aziendali.
In Italia siamo molto lontani dunque da party lussuosi e mega festa come quella organizzata qualche anno fa ad Hong Kong dal manager Brian Brille capo della Bank of America Asia e Pacific, per festeggiare i suoi cinquant’anni: se il Natale bussa alle porte, la crisi risponde.